E tu che pensavi che denim fosse un profumo ed esci in Blu di Genova
Al giorno d’oggi Blue jeans non è solo il capo più pratico e versatile che abbiamo nell’armadio, ma una parola in grado di evocare frammenti di storia; un simbolo di gioventù e rivolta.
Se ancora non lo sapete, sarà per voi una sorpresa scoprire che il jeans ha visto la luce in Italia e che le sue origini non si devono affatto alle stramberie di qualche rockstar indisciplinata. Per trovare i suoi discendenti biologici dobbiamo tornare con la mente a Chieri, la Torino del XV secolo; qui veniva prodotto il fustagno, un tessuto generalmente tinto di blu che finiva principalmente a Genova, dov’era impiegato per avvolgere le vele delle imbarcazioni e per produrre i pantaloni indossati dagli scaricatori di porto. Il fustagno era così utilizzato che i francesi finirono per chiamarlo “Blue de Genes”, ovvero Blu di Genova. Sbarcato a Londra, il suo nomignolo assunse la forma anglofona di Blue Jeans, ed è così che viene definitivamente battezzato. La stessa sorte subisce il fustagno prodotto nella francese Nimes che, una volta approdato in Inghilterra, viene etichettato con il nome denim.
Nella seconda metà del XIX secolo il blue jeans si era già intrufolato in tutto il mondo occidentale come tessuto da lavoro. Il termine jeans denim che conosciamo oggi, deriva dall’intuizione del commerciante tedesco Löb Strauß (inglesizzato Levi Strauss) e del sarto Jacob Davis suo socio che, intorno al 1873, decidono di migliorare la vestibilità del jeans, con cui ormai ci si riferiva ad un particolare taglio di pantaloni, introducendovi il tessuto denim. Un’illuminazione che continua a splendere dopo più di un secolo e da cui ha inizio la lunga storia della Levi Strauss & co, meglio nota come Levi’s, la più famosa azienda al mondo per la produzione di jeans.
Ne ha fatta di strada il piccolo jeans junior per diventare il saggio e giovanile nonno jeans che conosciamo oggi! Una strada avventurosa segnata da briciole sparse nella storia: prima capo da lavoro, poi indumento usato dall’esercito americano e da icone del cinema come Marlon Brando e James Dean. Dal divieto di indossarlo nelle scuole nel periodo del proibizionismo, allo storico modello 501 diventato il simbolo della rivolta studentesca degli anni ‘60.
A vita bassa, scolorito, strappato, a zampa d’elefante, elasticizzato: l’elenco delle forme plasmate dalla moda è pressoché sconfinato e destinato ad allungarsi. E le scommesse non sono finite. Ciò che si sta cercando di promuovere negli ultimi anni è la realizzazione di capi jeans compatibili con l’ambiente, il ché comporta l’utilizzo di risorse rinnovabili e la netta opposizione all’uso di sostanze chimiche nocive. L’esigenza di formulare tecniche di produzione basate su principi ecologici è un tema di interesse generale che va promosso e diffuso perché, se il jeans fosse una lingua, tutto il mondo la parlerebbe.